Papa Urbano V

Nacque intorno al 1310 nel Castello di Grizac, figlio di Guglielmo de Grimoard, signore di Bellegarde e di Amphélise (o Elisa) de Montferrand.

Fu monaco benedettino in giovanissima età, quindi teologo insigne e dottore in diritto canonico; insegnò successivamente a Montpellier e ad Avignone. Fu insignito del titolo di abate di Saint-Victor a Marsiglia. Si distinse in varie missioni diplomatiche come inviato della curia avignonese in Italia nel decennio 1352-1362. Pur non essendo cardinale venne eletto papa il 28 settembre 1362, succedendo a Innocenzo VI.
Segno distintivo del pontificato di Urbano V fu lo sforzo di riportare la Santa Sede in Italia e sopprimere i potenti rivali alla sovranità temporale che vi si trovavano. Deciso a sottrarre la Santa Sede alle ingerenze del re di Francia, aspettò che il cardinale Egidio Albornoz riuscisse a completare il recupero dei possedimenti dello Stato della Chiesa.

Anche se l'Albornoz aveva fatto un buon lavoro nel Centro Italia, in Toscana e nelle terre dell'ex Esarcato, altrove la situazione era più difficile e complessa. Nonostante fosse riuscito a farsi molti alleati (Este, Gonzaga, ecc.), Urbano trovava un ostacolo nei Visconti, che spadroneggiavano a Milano e imperversavano nel Modenese, nel Bresciano e nel Bolognese. Essi, inoltre, rappresentando l'ultimo baluardo ghibellino in Italia, non riconoscevano la sovranità temporale del Papa e, armi in mano, avevano incamerato i beni ecclesiastici di cui erano venuti in possesso.

Già il predecessore Innocenzo VI aveva fatto dei tentativi di conciliazione, e uno dei due ambasciatori inviati dal pontefice a Bernabò Visconti a Milano era proprio Guglielmo de Grimoard, latore di due lettere pontificie. Guglielmo e il suo compagno incontrarono il potente signore milanese sul fiume Lambro; quando terminarono la lettura delle lettere, questi, in modo sprezzante, chiese loro se volessero mangiare e, alla risposta affermativa, fece loro mangiare le due lettere papali. Sarebbe bastato questo episodio per giustificare e spiegare i sentimenti poco favorevoli che Urbano V nutriva per Bernabò. Lo stesso mese della sua consacrazione, Urbano V citò il Visconti a comparirgli davanti entro tre mesi e, poiché il signore di Milano non ubbidì all'intimazione, il 3 marzo 1363 emise la scomunica contro di lui. Il Visconti non temeva la scomunica, fra l'altro da un papa che non riconosceva; quindi per altri tre anni mise a soqquadro città lombarde, piemontesi, liguri e di altre regioni, senza che l'Albornoz e i suoi alleati potessero fermarlo. L'anno seguente Papa Urbano fu costretto a firmare una pace umiliante ritirando la scomunica e facendo molte concessioni al suo avversario.

Si era così giunti al 1366, cioè al quarto anno di pontificato di Urbano V, senza che si aprisse uno spiraglio per il suo ritorno a Roma come lui desiderava fin dal primo giorno. Ma Urbano aveva deciso e aveva perfino dato ordine al suo vicario a Roma di allestirgli l'appartamento nel palazzo pontificio. La voce non si era sparsa solo a Roma: buona parte dell'Italia esultò nell'apprendere la notizia che aspettava da 60 anni. 23 galee inviate dalla regina Giovanna di Napoli, dai Veneziani, dai Genovesi, dai Pisani e dagli Anconitani raggiunsero Marsiglia per far la scorta al Papa nel suo rientro a Roma.